di Giovanni Rivelli

POTENZA - Su quattro capi di imputazione tre assoluzioni perché «il fatto non sussiste» e una sola condanna. Ma è forse proprio quella che Giulio Leonardo Ferrara, capo indiscusso della Sita di Basilicata e del consorzio Cotrab, Avrebbe voluto evitare e che invece ha portato la corte a pronunciare una condanna tutto sommato lieve (due anni e 6 mesi) se rapportata alla richiesta del Pm Gerardo Salvia (9 anni e 3 mesi, ma anche per gli altri reati), che non potrebbe, anche al termine degli altri prevedibili gradi di giudizio, mai portare all’effettuazione anche di un solo giorno di detenzione, ma che appare con un marchio indelebile: Ferrara è stato riconosciuto infatti responsabile di violenza sessuale nei confronti di una dipendente, nell’ambito di un’inchiesta del 2013 condotta dal pm Anna Gloria Piccininni.

I fatti della presunta violenza sessuale che ha portato il presidente del collegio Penale Aldo Gubitosi (affiancato dai giudici Rosaria De Lucia e Marina Rizzo) a pronunciare la sentenza di condanna risalgono a ottobre del 2009. Secondo la ricostruzione dell’accaduto fatta dall’accusa, su denuncia della ragazza, «all’interno del suo ufficio da direttore regionale della Sita, abusando di relazioni d’ufficio e di autorità» avrebbe afferrato la dipendente «e portata con forza e contro la sua volontà a subire atti sessuali». Avances pesanti e mani lunghe a cui la dipendente si sarebbe opposta ma sulle quali lui avrebbe continuato imperterrito arrivando una volta ad afferrarla per la vita e palpeggiarle i seni e l’inguine.

«Una sentenza che fa giustizia - commenta ora l’avvocato Dolores Pignataro di Roma, legale della donna scoppiata in un pianto liberatorio alla lettura della sentenza - e che restituisce dignità ad una donna costretta a vivere una situazione difficile sul posto di lavoro». Di tutt’altro segno l’umore sull’altro fronte (Ferrara era difeso dagli avvocati Angela Pignatari e Pierfranco Bertolino) dove già si pensa al ricorso e passa quasi in secondo piano tanto la forte differenza tra la pena applicata e quella richiesta quanto le tre assoluzioni contenute in sentenza. Perché a Ferrara venivano anche contestati illeciti relativi alla gestione della «piccola cassa» della Sita, società all’epoca di proprietà delle Fs e quindi pubblica, nel pagamento di pasti e mance, e nell’aver addebitato al bilancio aziendale alcune multe per eccesso di velocità che lo stesso Ferrara aveva preso.

«Fatti su cui ragionare a mente fredda», diceva ieri qualcuno, sicuramente dopo la lettura delle motivazioni della sentenza che ieri la corte, dopo oltre tre ore di camera di consiglio per la decisione, si è riservata di depositare in 90 giorni.

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