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MILANO | Scaramouche loves Aline | Prorogata al 18 settembre 2019

di PIETRO BAZZOLI

Lo sguardo si perde oltre la fitta rete di punti che congiungono lembi di stoffa vissuta, come se, attraverso gli incroci del filo, si potesse ripercorrere la vita di un artista evanescente, per scelta e definizione.

Nuvolo, Senza Titolo, 1956, pittura su tessuti cuciti e montati su telaio, 70×109 cm

Anni cruciali, appunto, quelli di Nuvolo (1926-2008), che inaugurano la sede milanese della galleria Scaramouche loves Aline, che da New York si sposta nel capoluogo lombardo, a due passi dalle Colonne di San Lorenzo. Cruciali come lo è stato il periodo della Resistenza, che lo vedeva comparire e svanire nel nulla, ancora ragazzo, tra le colline umbre. Gli stessi anni cruciali che hanno segnato la carriera di un artista figlio della sperimentazione: la Roma di Burri, della materia, del Gruppo Origine e di un interesse spasmodico per le diramazioni di ciò che fosse la contemporaneità in ambito artistico.
Nuvolo, al secolo Giorgio Ascani, ha sempre percorso l’ambiente artistico sul filo di ciò che è realtà e ciò che è puro desiderio. Un’arte per sé, prima di ogni altra questione, ancor prima di essere “per gli altri”. Non è certo un caso che il poeta Emilio Villa rimase folgorato dall’interpretazione della serialità di cui Nuvolo si fece protagonista, al punto da coniare il termine Serotipie: opere pittoriche che vivono per mezzo di una figura retorica, più che di mero meccanicismo. Un vocabolo fatto su misura, perfetto, calzante, estremamente poetico e, al contempo, denso di un realismo senza eguali.

Nuvolo. The crucial years, veduta della mostra, Scaramouche loves Aline, Milano Foto Bruno Bani

La rassegna meneghina (la prima dopo oltre sessant’anni e successiva alla grande retrospettiva della galleria newyorkese Di Donna curata da Germano Celant, al decimo anniversario della scomparsa di Ascani) prende in esame un decennio, tra il 50 e il 60, in grado di condensare il meglio della produzione dell’artista umbro: le frequentazioni con Burri, Cagli, Colla, Twombly e la vita romana, infatti, lo segnarono profondamente. Da lì nascono i cicli più celebri dell’artista: le Serotipie, gli Scacchi, i Bianchi, i Bianchi Collages, i Cuciti a macchina, i Daini e le Tensioni, in un andirivieni infinito di equilibri, di opere che si pongono in dialogo tra l’alternanza continua di pieni e vuoti, di colori che si fondono risaltando nelle sfumature più inattese, di stoffe che si mischiano a pittura e serigrafia. Una volontà incessante di tastare con mano le diramazioni dell’oggetto che perde la propria connotazione, il proprio utilizzo strutturale in virtù di una più alta concezione. Una nuova esistenza, un respiro che abbraccia la materia in quanto tale e non in quanto strumento.

Nuvolo, Senza Titolo, 1958, olio e tessuti cuciti e dipinti applicati su tela (ex Collezione Peggy Guggenheim), 90×60 cm

Ne sono un chiaro esempio le forme geometriche che occupano lo spazio della tela nei collages serigrafati, così come le pelli fissate con una macchina da cucito e alla stessa maniera del bianco coprente spesso impiegato. È una cifra stilistica proiettata al futuro, che conquistò Peggy Guggenheim al punto da convincerla a portare le opere dell’artista oltreoceano, tra mercanti e grandi rassegne, nel turbinio della notorietà. Nuvolo, però, sempre fedele al suo nome, apprezza e declina in modo intermittente le lusinghe del mercato nei suoi confronti, ritirandosi più d’una volta dalla ribalta per perpetuare una ricerca che, forse, non è ancora giusta a termine.

Nuvolo. The crucial years
a cura di Daniele Ugolini e Federica Soldati

Prorogata al 18 settembre 2019 con la presentazione del catalogo

Scaramouche loves Aline
Corso di Porta Ticinese 87, Milano

Orari: martedì 15.00-19.00; da mercoledì a sabato 11.00-13.00 e 15.00-19.00

Info: info@scaramoucheinlove.com
www.scaramoucheinlove.com

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